Il declino dell'essere umano è direttamente proporzionale
alla crisi della comunicazione
Il cervello umano sul piano dell'intelletto è paragonabile ad una speciale palestra cognitivo, emotiva al servizio della sana crescita e sviluppo psicologico. L'attività della mente (affettività, pensiero, conoscenza, emozioni, cognizioni, immaginazione, astrazione, creatività ed altre) danno luogo allo sviluppo e l'espansione mentale capace di trasformare un "nano in un gigante". Crescere è il senso della vita, ma pur essendo un potenziale naturale in dotazione gratuita all'essere necessita di un percorso formativo e l'ausilio di ingredienti significativi adeguati e coerenti.
La comunicazione è il "traghettatore" per eccellenza della linfa necessaria ad attivare detto processo di sviluppo; tramite la stessa si attiva il tipo di relazione col prossimo e con l'intero mondo esterno. E' proprio attraverso il denso transito di infiniti messaggi o scambi che si definisce la relazione "Io Te / Io Mondo esterno".
In famiglia i genitori detengono il potere, grazie al ruolo di primi e fondamentali della comunicazione con la prole, di determinarne il tipo di espansione mentale, di sviluppo e di crescita. L'ingrediente in primis di una sana relazione e relativa comunicazione positiva sono l'amorevolezza gratuita che converge ogni attimo relazionale formativo in direzione del vero bene del figlio. L'assenza di comunicazione è grave sintomo di cattiva relazione, di allontanamento e separazione tra gli esseri che contiene un messaggio severo e pericoloso sintetizzabile in "tu non mi interessi, tu non ci sei in me".
Papa Francesco scrive su Famiglia cristiana del 19/04/20: quando siete a tavola parlate? O mangiate in silenzio ognuno con il suo telefonino in mano?
Sua Santità ha messo energicamente il dito su una preoccupante piaga dei nostri tempi, il cellulare e la rete. Un luogo virtuale ,che non esiste, capace di spegnere ogni raggio di luce nella vita umana, raggi che brillano essenzialmente nelle relazioni vis-à-vis quali gli sguardi, la modulazione della voce e della parola, l'empatia che si stabilisce nello scambio, i sorrisi che fanno brillare gli occhi e l'intero volto, le frequenze emotive e degli intenti di due o più esseri che si avvicinano e si donano reciprocamente e spontaneamente.
Non si vogliono certo mettere in discussione i preziosi vantaggi del web, ma è opportuno mettere sotto accusa il cattivo uso di massa che ormai se ne fa a scapito soprattutto dei bambini e dei giovani, nonché della persona adulta e dei rapporti umani in generale. Consentiamoci una metafora: "Le fettuccine al cinghiale sono una leccornia, ma le famiglie cinghiali che girano liberi nei centri abitati sono un pericolo e una vergogna per il paese".
Molte famiglie usano "spedire i figli nel mondo virtuale" per opportunità come ad esempio tenerli buoni, farli contenti, avere più tempo per se anche per entrare in rete, per non doversi impegnare nell'intrattenimento con essi e più semplicemente perché "tutti fanno così".
Il mondo virtuale impone una pappa pronta che mette in stand by il cervello, in una posizione passiva gli occhi fissi su quello schermo bramato equivalgono ad una esperienza ipnotica dove la mente si blocca a favore di un gestore esterno che ne assume il comando
E allora, l' evoluzione psichica personale? L'espansione mentale? La sana crescita intelligente ed amorevole finalizzata al vero bene della persona?
Dott.ssa Elisabetta Vellone
Ma cosa succede al genere umano?
Pensando ai cicli temporali che si susseguono viene in mente il fenomeno dell'evoluzione, della crescita, dei cambiamenti sui vari piani del sociale e dell'individuale. E' superfluo sottolineare che i cambiamenti di questa epoca accelerata e compressa, in entrambi i piani considerati, sono e sono stati enormi una valanga che ha travolto e stravolto ogni aspetto del vivere umano. Il covid 19 colpendo il mondo intero a mo' di azione inconscia autopunitiva partorita dalla sciaguratezza dell'intero globo, nonostante l'immenso dolore arrecato, i disagi e le pesanti conseguenze materiali e psicologiche sembrerebbe non aver insegnato nulla di buono.
La globalizzazione o mondializzazione come uno specchietto per le allodole promettendo una maggiore vicinanza o raggiungibilità, maggiore conoscenza reciproca fra i popoli, migliore unione di costumi , di cultura, di scambi di ogni genere in realtà ha prodotto danni difficilmente riparabili a breve termine; danni soprattutto a livello psicologico consistenti in tendenza all'isolamento, all'autoesclusione ed esclusione dai contesti sociali di appartenenza, alla regressione della capacità affettiva ed empatica con una chiara prevalenza della componente istintiva nel comportamento tipica del comportamento animale. Quest'omino piccolo, piccolo che ormai rappresenta la maggioranza è pronto a vendersi per "trenta denari" per un miserabile presunto vantaggio; è pronto a sbranare bambini, anche i propri, è pronto a togliere la vita al suo prossimo con glaciale indifferenza, è pronto beffeggiare e torturare i deboli e gli oppressi, a svilire se stesso senza neanche comprenderne il grave senso. E' un omino completamente abbagliato da potere, denaro e liberta e non comprende la gabbia virtuale nella quale si è rinchiuso. E' un omino che ha perso la capacità di amare, di creare e costruire e di proiettarsi nel futuro con consapevolezza e responsabilità e gioia di vivere. Un omino che ricorre alle droghe e all'alcool perché non più in grado di regnare e governare il proprio SE. Detta percentuale di sottoprodotto umano è paragonabile ad un tumore maligno e aggressivo che ha colpito l'intera umanità e ne sta minando la sopravvivenza. Nonostante disponiamo di un esercito di eroi operatori della salute fisica e mentale la maledizione del maxidegrado continua a colpire e a moltiplicare le vittime auto rinchiusesi nella propria gabbia. Urge una strategia terapeutica di alta saggezza, ma mancano i titolati o meglio ci sarebbero ma sono privi di potere sociale.
La fase due
- Dall'inizio della pandemia l'intero paese non vedeva l'ora di raggiungere, nonostante l'immenso dolore di molte famiglie, quel famoso Picco per poi passare alla fase due caratterizzata dal sogno di una certa diminuzione delle restrizioni e dal recupero di frammenti di apertura in tutti i sensi. Ora ci siamo, la fase due è in corso, ma come spesso accade "si fanno i conti senza l'oste". In detta fase non si è tenuto abbastanza conto che l'individuo nel frattempo è cambiato e raramente in meglio. Le restrizioni, i divieti, gli isolamenti, le esperienze di abbandono, l'impotenza, la rinuncia ad ogni sacro rito sociale, religioso, famigliare e personale; la fredda solitudine sperimentata intimamente, la sensazione di fatuità del "tutto", i gravi disagi economici e il senso di totale impotenza a carico della fetta più ampia della società, che ancora sta elemosinando rabbiosamente aiuti dignitosi, hanno attivato nella mente le condizioni per uno stato di stress prolungato che non si esaurirà con la fine della pandemia, ma anzi inizierà proprio nella seconda e terza fase ad attivare i suoi effetti collaterali dando luogo ad una serie di disturbi post traumatici. Il COVID 19 come tutti sappiamo a livello fisico ha tolto la vita ai contagiati non guariti, ma a livello psicologico non ha risparmiato certamente nessuno. C'è stato un momento dalla comparsa del virus, simile per ogni individuo sebbene unico nell'esperienza personale, in cui la persona ha vissuto un intimo sobbalzo emotivo; egli ha preso coscienza di essere in pericolo e conseguente paura di essere infettato. Ha subito pensato a cosa poter fare per salvarsi o salvare le persone amate, ma ha sperimentato solo un profondo senso di impotenza (traumatizzante).In questo misto stressante di paura, impotenza, ansia, senso di solitudine profonda dove non sono mancate le notti insonni, l'irritabilità, gli attacchi di panico, l'ipocondria e lo sconforto, generando e insinuando il sentimento di rabbia dovuto alla disperazione. Una rabbia selvaggia perché senza un colpevole verso il quale indirizzarla e pertanto spesso scaricata nevroticamente su capi espiatori del tutto innocenti: figli, genitori, vicini di casa, partner, membri del governo se non addirittura verso DiO. Ora evince in grandi e piccoli una gran frenesia di uscire dalla gabbia, ma attenzione, poiché si entrerà solo in una gabbia un po' più grande. Il lavoro ,che era già in crisi da anni, per molti si è perso o disperso generando una flotta di gente disperata e la dove non si è perso ora va approcciato in maniera completamente diversa più assimilabile ad una vita da robot. L'apparente miglioramento dei rapporti sociali si può tradurre presto in una tendenza all'isolamento cronico; l'individuo si abitua a tutto. La diffidenza, la mancanza di contatto fisico (vissuto ormai dai più come un abuso) comporta profondi cambiamenti emotivi ed affettivi definibili uno stato di carestia mentale molto pericoloso, poiché il contatto fisico, come la storia dell'uomo ci insegna è un'esigenza primaria. Ora evince in grandi e piccoli una gran frenesia di uscire dalla gabbia, ma attenzione, poiché si entrerà solo in una gabbia un po' più grande. Il lavoro, che era già in crisi da anni, per molti si è perso o disperso generando una flotta di gente disperata e la dove non si è perso ora va approcciato in maniera completamente diversa più assimilabile ad una vita da robot. L'apparente miglioramento dei rapporti sociali si può tradurre presto in una tendenza all'isolamento cronico; l'individuo si abitua a tutto la diffidenza, la mancanza di contatto fisico (vissuto ormai dai più come un abuso) comporta profondi cambiamenti emotivi ed affettivi definibili uno stato di carestia mentale molto pericoloso, poiché il contatto fisico, come la storia dell'uomo ci insegna è un'esigenza primaria. Chi come me si occupa di salute mentale è tenuto ad evidenziare i rischi legati a traumi pregressi. Non si intende in questa sede drammatizzare, ma anzi invitiamo tutti a riflettere conservando la sacra libertà di scegliere il meglio possibile in ogni situazione complessa. In questo caso "il meglio possibile" è la prevenzione per ritrovare se stessi, attivare le proprie risorse e quindi evitare le nevrotiche conseguenze di trauma non elaborato.
- Dott.ssa Elisabetta Vellone
Corona virus
Non tutto il male viene per nuocere
Le considerazioni che andremo ad osare potrebbero sembrare paradossali, ma ad un osservatore per indole è doveroso cogliere le sfumate presenze dei tanti piccoli cambiamenti comportamentali in questo periodo di potenziale "pericolo" per tutti. Il senso di appartenenza al gruppo dei "potenziali in pericolo" a prodotto degli effetti collaterali da non sottovalutare. Le persone in società con esclusione degli sballati, appaiono meno boriose, meno arroganti, meno aggressive verso il prossimo, meno superficiali e trasgressive, il traffico è più civile il dito medio rimane più spesso sul volante. In generale gli occhi verso il prossimo si alzano più spesso, il traffico inutile è assente sulle strade come se all'improvviso l'illuminazione avesse prodotto la presa di coscienza che tutti abbiamo bisogno di tutti, ma soprattutto di comportamenti sensati. E questo è vero, ma contemporaneamente non è la verità. L'essere umano la paura ce l'ha dentro di se a causa della ovvia impotenza con conseguente "mania di controllo" di fronte al mistero della vita. Chi siamo, da dove veniamo, perché siamo qui. Dio c'è/Dio non c'è. Da cui scaturiscono la mole di paure e fobie che tutti conosciamo. Qualche esempio: paura di non essere all'altezza; paura di assumersi responsabilità; paura di non essere amabile; paura di non valere nulla; paura di restare soli; paura di non farcela e mille e mille altre. La minaccia del corona virus ha autorizzato tutte le vittime di dette piccole nevrosi ad avere finalmente una ragione legittima e indiscutibile ad avere paura, a "sentirsi in pericolo" e quindi a considerarsi perfettamente normali assorbendo in detta paura legittima tutta la carica emozionale prodotta dalle presunte mini paure personali.
Dott.ssa Elisabetta Vellone
NOI COME POSSIAMO SALVARCI
"Noi" sta per tutte le persone sane, normali quelli che pagano le tasse, lavorano e la sera tornano a casa per riposare e rifocillarsi onde affrontare il domani responsabilmente.
Intorno a Noi avanza un marasma opprimente di male e di malvagità, di oppressioni di ogni genere, di paradossi e contraddizioni, un'aria acre di abbandono e glaciale indifferenza; nonché esalazioni di sporco, di incapacità e di violenza multiforme.
Noi spesso ci sconfortiamo e ansiosamente speriamo in un miracolo, poiché i burattinai alla regia del paese appaiono non essere più in grado di gestire la scena della vita sociale. Noi ci arrampichiamo sugli specchi, ma inevitabilmente, piano piano, scivoliamo sempre più in basso in quanto non ci sono più appigli di valori ai quali aggrapparsi e andare avanti con fiducia. La depravazione dei costumi in ogni sua forma ed espressione getta fango sulle nostre vite e sulle nostre strade.
E allora ci chiediamo, ma Noi cosa possiamo fare per non essere inghiottiti da detta spirale malvagia e malsana che ci conduce al deragliamento?
E' opportuno riflettere sulle nostre risorse e potenzialità di cui nessuno può privarcene a meno che non siamo noi stessi ad abbandonarle. La madre di tutta le nostra vera potenza si chiama AMORE. Scopriamo la magnificenza di saper vivere in amore, per amore e con amore in rapporto alla nostra esistenza, in rapporto a noi stessi, in rapporto alla nostra comune dimora quell'universo che abitiamo anche in rapporto a tutti quelli che "non sanno cosa fanno".
Rendiamoci immuni dal contagio della diabolica epidemia che rende gli esseri umani piccoli, scadenti ed anche miserabili. Non cediamo alle nevrosi da disadattamento, da frustrazioni e senso di impotenza in quanto la paura, paradossalmente, rafforza il gioco del nemico.
Apriamo il cuore ed accendiamo l'intelligenza Noi che ancora ne abbiamo piena capacita e come recita una massima latina "de minimis non curat preator"; non facciamoci distogliere da bassezze e miserie. Andiamo dritti verso la gioia di vivere in amore, con amore e per amore sgomitando così il pernicioso sistema che ci circonda.
Dott.ssa Elisabetta Vellone
BAMBINI UCCISI IN FAMIGLIA
In questa nostra sottostimata esistenza in vita il sacro fulcro e l'epicentro del fenomeno è la vita stessa. Non è un gioco di parole, ma una complessa, misteriosa indiscutibile verità.
L'uomo arrogante, nei suoi deliri di onnipotenza, spesso si affanna, anche per tutta la durata della sua esistenza, nel tentativo di individuare la formula misteriosa di detta vita e al contempo brama lo svilimento del valore della stessa.
La vita è un dono che va onorato; difeso e goduto, non certo un dono di quelli acquistati di corsa all'ultimo momento per la Befana o per il compleanno, ma un dono che viene dall'Alto e di in'estimabile valore che si esprime sotto forma di "presenza umana nuova" tale che la dove prima non c'era "poi c'è". In tutto ciò il genitore è il privilegiato per eccellenza nell'opera procreativa in quanto veicolatore della perpetuazione della vita.
Una volta ricevuto il dono della genitorialità il soggetto siede su un trono speciale quanto imponente agli occhi del neonato, ma anche dall'ottica del sistema sociale di appartenenza. La genitorialità non si esaurisce con l'evento generativo, poiché chiama in causa la dimensione psichica depositaria di tutto il bagaglio cognitivo, affettivo e spirituale del soggetto, elementi questi che vanno a costituire un flusso unico e coerente di contenuti impliciti ed espliciti, ispirati al principio del bene comune in relazione al proprio figlio; processo questo comunemente definito: educazione.
I figli nella prima fase dell'esistenza essendo caratterizzati dall'egocentrismo e dalla mancanza del senso della realtà sono in una condizione psicofisica di totale dipendenza dal genitore, condizione questa che li protegge, ma contemporaneamente, alla luce degli odierni drammi relativi all'infanzia, li espone a possibili sofferenza e gravi pericoli.
E questo in quanto oggi assistiamo inattivi ad una tendenza del genitore a scindere o separare la genitorialità biologica da quella psicologica nel senso che i medesimi tendono sempre più spesso a delegare a terzi le proprie competenze rivendicando però la proprietà del piccolo, mentre il ruolo di genitore non si può delegare.
Premesso ciò dobbiamo amaramente prendere atto come il genitore si manifestì sempre più frequentemente un proprietario dispotico dei propri figli visti i casi di bambini abusati, seviziati, maltrattati e persino uccisi dagli stessi genitori; il fenomeno è allarmante e fortemente avvilente; il silenzio delle autorità è disorientante.
Se l'essere umano nella sua performance più nobile diventa il pericolo numero uno cos'altro ci si può aspettare dall'estraneo? L'uomo sta perdendo la capacità di amare fenomeno questo da considerarsi al pari di una bomba innescata per tutta l'umanità. Rallentiamo un attimo la folle corsa verso il nulla e riflettiamo da umani su questa grave patologia dell'affettività che sta cambiando in termini emotivi, affettivi e comportamentali il modo di porsi di fronte al miracolo VITA.
Dott.ssa Elisabetta Vellone
La persona e l'atleta contenuto e contenitore
Sotto il sole rovente di una primavera tardiva e imprevedibile nel mese di giugno, al prestigioso Circolo Romano "Antico Tiro Al Volo", abbiamo avuto il piacere di conoscere e apprezzare la persona e l'atleta Sara Errani che ha portato a casa la vittoria.
Non si intende in questa sede parlare della sua carriera o delle tante vittorie che l'hanno condotta nell'arco di dieci anni a raggiungere la posizione di numero 5 del mondo, intendiamo invece posare la nostra attenzione sulla persona e l'atleta che in questa alberga.
PERSONA discreta dal carattere solido, disponibile, sempre pronta ad accogliere il prossimo con un sorriso, umile e dignitosa. Dopo la squalificazione, la lunga pausa e con la memoria dei tanti trofei conquistati torna a riproposi sul palcoscenico del Tennis gareggiando a pieno regime nei tornei ITF tornei questi propedeutici per accedere a tornei più importanti.
Ancora sulla persona di Sara Errani va sottolineata la sua capacità di concentrazione, cordiale e gentile nei modi, statura media corredata da un fascio di muscoli ordinati che la rendono in campo una vera forza della natura.
Dal punto di vista dell'atleta che scende in campo va sottolineato il suo acume nell'inquadrare le caratteristiche dell'avversaria impedendole nei limiti del possibile di fare il proprio gioco. In difesa è un vero trimotore spostandosi a fondo campo con la velocità di un fulmine. Instancabile, non manifesta mai segni di cedimento; mentre la sua battuta lascia perplesso anche lo spettatore più sprovveduto. Questa infatti si realizza in tre o anche quattro tentativi di lancio della palla spesso inadeguati e flessi all'indietro come se un forte vento li spostasse fino ad arrivare a quello giusto che comunque non è mai potente.
Dal punto di vista psicologico si può dedurre che Sara Errani non è un tennista d'attacco, ma non perché le manchi la capacità o la forza o la tecnica, ma semplicemente perché non lo permette a se stessa quasi al limite del rifiuto all'idea di doverlo fare ( vedi quanto detto sulla battuta). Pertanto aspetta l'attacco dell'avversaria e poi si scatena.
Da esperti della materia osiamo ipotizzare che nella sua storia personale un comportamento di "attacco" pregresso le è costato una ferita che ancora oggi sanguina nella memoria cosicché il contenitore si impone sul contenuto.
Rimane comunque il fatto che Errani è una nostra grande tennista.
Dott.ssa Elisabetta Vellone
Conferenza Stampa Roma Garden Open 2019
"Lo Sport è agonismo, cultura ed etica"
Sala Laudato Si' Comune di Roma
Il colloquio più temuto è quello che avviene
nel silenzio con se stessi
Ovviamente, dalla nostra ottica squisitamente psicologica,
c'è di che preoccuparsi se ci fermiamo a riflettere sulla misera condizione in
cui è venuto a trovarsi l'essere umano; misera, perché l'uomo (di qualunque
età) si è svuotato delle sue ricchezze, delle sue risorse e le sue virtù, ora
soffre poiché debole, confuso, disorientato e impotent
Data la natura degli umani il ciclo vitale individuale dovrebbe sostanziarsi in fasi di maturazione e sviluppo organizzati entro le diverse fasce di età.
I primi dieci anni di vita, quelli dell'innocenza e la dipendenza, la natura prevede che siano quelli della "semina": il bambino, nel suo sano egocentrismo, cresce e si forma nel caldo nido di amore famigliare dove fa il pieno di risorse affettive positive che gli consentiranno di affrontare pro positivamente il suo percorso di vita.
Dai dieci ai venti anni vive la fase delle "prove di se" dove, grazie a quel pieno realizzato in partenza e ad una danza libera caratterizzata da esplorazioni, prove e tentativi diventa uomo/donna acquisendo lo status di adulto. Dai venti ai cinquanta, nella sua forma più completa e smagliante, diventa protagonista della sua vita sia nella sfera privata che in quella pubblica. Dopo i cinquanta, tempo della contemplazione e delle onorificenze, dovrebbe finalmente godersi i frutti prodotti e dedicarsi alle cose che ama: la famiglia, l'arte, la cultura, lo svago, la vita sociale mentre, contemporaneamente, svolge funzione da modello/icona per le nuove leve. Questo però solo in teoria, perché osservando cosa accade nella pratica viene voglia di dimettersi.
I bambini sono sollecitati a fare i grandi: griffe, sostanze tossiche, sesso precoce, linguaggio disinibito, chat; i grandi si atteggiano a bambini: pub, vita notturna, atteggiamenti anarchici, incoscienza, sballo; i nonnini sempre più spesso sono esseri induriti e spigolosi, i genitori quasi una razza in estinzione.
In questo mega disordine bombardato da eccesso di stimoli, di rumori, immagini ed illusioni l'uomo ha perso il contatto con se stesso e comunque lo evita accuratamente a conferma della negata paura, dell'imbarazzo e l'incapacità a star da soli con se stessi e pensare guardandosi da dentro forse, perché da soli si avverte che non c'è scampo quando quella voce interiore chiamata coscienza trova uno spiraglio e si evince con un frastuono assordante per la pavida ragione.
L'unica relazione interpersonale essenziale e determinante per la persona è quella che intrattiene con se stessa in quel regale spazio qual è il silenzio; se l'individuo si evita e non sa stare con se, se non si guida, se non si conosce, se non si prende cura del suo essere, se non sa auto ripararsi come può essere la qualità della sua vita? Il lettore può facilmente darsi la risposta inevitabile.
Dr.ssa
Elisabetta Vellone
Si può aiutare e motivare l'atleta maturo non più competitivo?
L' uomo è in affanno. La rete deve essere usata con il buon senso
La mente si nutre di raziocinio e passioni
Musica e Canto affiancano il pensiero quotidiano
La credibilità si conquista a tappe
Un dramma: essere Figli oggi
Abbiamo appena reso noto al Padreterno che tutte quelle Sue leggi sulla vita, e sulle esigenze della vita formanda, sono limitate e non più adeguate alla realtà terrena; è proprio il caso di dire che "l'allievo ha superato il maestro" visto come alcuni operatori, della discutibile giustizia dell'uomo, si sono arrogati il diritto e la presunta capacità di ridefinire e reimpostare le esigenze primarie della creatura umana stabilendo che gli autori naturali della vita dell'uomo (madre e padre) non sono più indispensabili per la formazione e l'educazione dei figli. I bambini, quale espressione più alta del miracolo della vita che in essi si perpetua, in un società civilizzata dovrebbero essere al centro di ogni azione del cuore e della mente dell'adulto, perché in essi è custodito ogni punto di partenza ed anche di arrivo dell'intera umanità. Nell'epoca che ci vede testimoni l'adulto, sfigurato dai fumi dell'arroganza, della superbia e dell'ignoranza sembra vigliaccamente accanirsi proprio verso i bambini. Nel giro di qualche decennio i figli sono stati violati, derubati, negati, usati, strumentalizzati; sono stati derubati della purezza, della spensieratezza, dell'ingenuità e l'allegria; sono stati imbrogliati viziati, ricattati da una società adulta ossessionata da falsi valori. Gli è stata usurpata la famiglia, la mamma, il papà ed ora, sotto le false spoglie di un presunto "loro bene", si va insinuando la negazione del naturale diritto all'edificazione della propria identità personale e al naturale equilibrio psichico. Ognuno dovrebbe limitarsi a fare il proprio lavoro e mostrare umilmente il bisogno dell'aiuto degli altri per i fenomeni che non conosce; il potere non è sinonimo di onnipotenza! Nel lento, complesso e delicato percorso di edificazione dell'immagine di Sé, fino all'approdo nella definitiva strutturazione dell'"identità personale" inclusa quella di genere, la psiche, secondo leggi di natura, si avvale di modelli. Detti modelli, che assumono una valenza positiva indiscussa per il piccolo, sono sempre rappresentati da figure con presenza costante nella vita del bambino. Sempre secondo leggi di natura il piccolo tenderà ad identificarsi con il genitore (modello) dello stesso sesso sviluppando la sua psicologia in armonia con le proprie caratteristiche fisiche e vivendo l'altro genitore come universo meraviglioso e distinto da conquistare e del quale godere. Sono note le storie di bimbi allevati da animali che assumono i caratteri di questi, il loro linguaggio ed i loro comportamenti istinti compresi. Condizionare i bambini, negandogli uno sviluppo formativo adeguato e naturale, equivale ad esercitare un abuso ed una violenza su di essi, poiché l'uomo non è un pollo d'allevamento dove l'aspetto importante è che raggiunga un peso conveniente; egli è una creatura speciale con un corpo, una mente ed uno spirito di cui nessuno può esserne proprietario
Dr.ssa Elisabetta Vellone
Dott.ssa Elisabetta Vellone
Incontri ed approfondimenti sul mondo del tennis
GENNAIO 2019
La depravazione cognitiva
Se il nostro "Bel Mondo" si sta sgretolando e le sue macerie spingono l'individuo sempre più verso il basso un motivo, una spiegazione o una logica perversa di base ci deve pur essere.
Si dice che la vita è così, il mondo è impazzito, che i tempi cambiano e non ci si può fare nulla. Non è vero, queste sono solo frasi fatte e putrefatte ripetute in automatico all'angolo del bar sotto casa, poiché la dove c'è un problema c'è sempre una soluzione, ma occorre crederci, volerla e poi cercarla con intelligente energia.
Non il mondo che ci ospita, ma la nostra società è gravemente malata; ricordando che questa è formata da esseri umani e quindi sono questi ad essere gravemente malati.
Le patologie di tendenza, psicologiche e comportamentali, in questa epoca storica sono a dir poco una quantità enorme, ma sarebbe assurdo pensare di considerarle tutte in questa sede dove invece intendiamo zummare sulla "madre del lievito",come dice il fornaio, poiché è da questa che si genera poi la malefica prole.
La patologia più grave dalla quale è affetto l'uomo dei nostri tempi è La Corruzione.
La corruzione è una patologia che può essere definita un'entità disgregante, dei sacri nuclei mentali, malevola, solida e possente capace di affondare velocemente radici profonde nella psiche e nell'animo umano, tendente quindi ad assume carattere di cancrena intima che affligge il cuore e lo spirito dell'individuo. Essa sposa presto un allucinato senso di gelido potere destinato a generare nella mente interessata una vera e propria catastrofe affettivo/emotiva.
I soggetti contaminati da corruzione perdono la capacità di AMARE in senso lato, perdono i valori etici, dimostrano una decadenza dei costumi e totale perdita dell'empatia, perdono la compassione e l'altruismo, la solidarietà, il rispetto di chiunque e di sè stessi vivono affamati di forti emozioni violente e malvagie da cui il dilagante e ben noto fenomeno della depravazione e conseguente deviazione da principi sani e naturali.
Il corrotto sperimenta il male come un piacere e di fronte alla viziosità acquisita sperimenta il male per abitudine.
Ovviamente non è la totalità sociale ad essere corrotta, benché sottolineiamo una alta percentuale a rischio a causa della corruttela la quale non è da intendersi come la corruzione fenomeno insediato e profondo, ma come una ventilata tendenza, figlia della corruzione, più superficiale e più estesa che non esclude però la condizione di alto rischio di degenerazione in corruzione vera e propria.
A causa di questo devastante fenomeno sociale ogni individuo, che per legge di sopravvivenza è portato ad adattarsi al mondo che lo circonda, subisce una sorta di depravazione cognitiva che offende la propria dignità e la Vita stessa.
Dott.ssa Elisabetta Vellone
Sport e Psicologia
Dottoressa Elisabetta Vellone
Umano: questo essere incomprensibile
Tutti sappiamo, pensando alla nostra specie, che l'uomo è un mammifero a stazione eretta, dotato di uno straordinario sviluppo del cervello, che gode di facoltà psichiche e intelligenza, dotato dell'uso del linguaggio simbolico articolato, capace di dar luogo, trasmettere e modificare una cultura.
Ma tutto ciò che la persona " è " va tassativamente distinto da ciò che essa "fa", ovvero dalle azioni che compie. Tuttavia detta distinzione risulta abbastanza inusuale visto che tendiamo a descrivere le persone sulla base delle cose che fanno cioè in base ai loro comportamenti. Per tali motivi ci sentiamo da sempre autorizzati a confinare i cattivi, definendoli mostri, bestie e disumani, fuori dai confini umani qualora commettano, ai nostri occhi, orrendi delitti.
Si tratta certo di una reazione difensiva umanamente comprensibile, ma illogica e irrealistica in quanto qualunque cosa l'uomo faccia o commetta, è, e rimane un essere umano, uguale identico a tutti gli altri differente solo per il suo modo di pensare e di agire che ovviamente potrà essere condannato, considerato sbagliato, scorretto, pazzesco o vergognoso. Ciò nonostante l'essere umano rimane un essere umano e quello che fa sono solo le sue azioni, poiché l'"essere" e il "fare" non sono dimensioni sovrapponibili.
Ci può risultare difficile ammetterlo, ma condividiamo la stessa umanità con i geni del bene e quelli del male; siamo fatti della stessa pasta e tutto quello che può fare un individuo, teoricamente, lo possono fare anche tutti gli altri; la differenza non è da ricercare nell'essere, ma semplicemente nel fare la dove questi corrisponde ad una scelta personale, ad un atto di volontà, un intento e ad obiettivi impliciti o espliciti elaborati autonomamente.
Quanto detto porta ad un'unica conclusione e cioè che la differenza fra gli esseri umani è da ricercare nella dimensione del "fare" la quale a sua volta dipende direttamente dall' educazione, ricevuta oppure no, e dalla linfa vitale disponibile e presente nel suo ambiente nella fase di formazione, ovvero il dono dell'amore gratuito.
Le creature umane amate in maniera gratuita crescono forti, sane e coraggiose, ma soprattutto capaci di perpetuare il dono dell'amore il quale, nonostante tutte le menti in sofferenza, è ancora in grado, da solo,di onorare il dono della vita e salvare il bel mondo degli esseri umani.
Dr.ssa Elisabetta Vellone
E' un dato di fatto la difficoltà a fare il genitore oggi
E' vero e dimostrato, dai tanti casi di famiglie in stato confusionale, che oggi è difficile fare il genitore come è difficile fare qualunque cosa se si è sprovvisti delle risorse e materie prime necessarie.
Purtroppo la nostra sciagurata cultura "dell'apparire e dell'avere" ha messo all'angolo quel bene sacro che si chiama "Amore gratuito" sostituendolo con un presunto equivalente materiale, mai testato, che si manifesta attraverso abbondanti coccole smielate; eccessi di concessioni e di libertà; regali a sproposito, ma il vero tarlo del compito della famiglia sono le figure genitoriali poco autorevoli, disorientate, tendenti a comprare continuamente un prezioso sorriso del bambino o una conferma di essere amati da questi.
ALLARME! Qui si sono invertiti i ruoli spesso sono i genitori a temere di "non andar bene ai propri figli" e di perdere il loro l'affetto!
Detta tendenza per altro naturalmente contagiosa sta creando un esercito di giovani e giovanissimi anafettivi, scontenti, rabbiosi, ostili e bugiardi, superficiali e viziati, poco impegnati e dipendenti dai tanti "specchietti per le allodole"paradossalmente gli stessi di cui spesso sono vittime anche i genitori.
E opportuno sapere, riallacciandoci al concetto delle materie prime che il nascituro è un potenziale essere relativamente perfetto, ma anche corredato da un'esigenza innata consistente nella necessità di soddisfare, improrogabilmente, i propri bisogni Primari per non deviare e perdersi nei meandri delle nevrosi precoci o postume o peggio in quelli dei disturbi psicotici. A tale proposito si rimanda alla consultazione dei sei articoli della sottoscritta sul tema evoluzione e dinamiche della psiche cliccano sul link seguente: ne " il servizio di genitore
https://elisabettavellone.it/index.php?option=com_content&view=article&id=275:-evoluzione-e-dinamica-della-psiche-1-parte&catid=18:il-servizio-di-genitore&Itemid=17
Per bisogni primari si intende: bisogno di mangiare, di dormire, di ripararsi dal freddo e bisogno di Amore. Ed è proprio quest'ultimo l'elemento indispensabile o linfa vitale che consente alla psiche di strutturarsi in modalità sana ed equilibrata. Il bambino amato, considerato e rispettato imparerà ad amare se stesso e gli altri, a considerare se stesso e gli altri, a rispettare se stesso e gli altri.
La genitorialità non può essere commissionata a terzi o data in appalto. Spesso genitori ancora infantili, sotto l'aspetto affettivo, non sanno attivare empatia e comprensione delle esigenze psico-affettive dei propri bambini.
Il piccolo frustrato nel proprio bisogno di sentirsi amato e importante per quelle gigantesche figure chiamate "mamma e papà" comprime la sua psiche, distorce le modalità dell' "attaccamento sicuro" a volte regredisce a fasi evolutive precedenti, altre ancora è come si spegnesse apaticamente, non raramente usa la malattia per ricevere le loro attenzioni e nelle migliori evoluzioni compensative possibili diventa capriccioso e ribelle esprimendo tutta la rabbia per il tradimento subito; tradimento che come un marchio indelebile nella fragile psiche caratterizzerà il suo modo di fare , di pensare e di credere per tutta la sua vita. Quello che accade negli anni a seguire lo sanno bene tutte quelle famiglie maltrattate e oppresse dalla incapacità di gestire i propri ragazzi.
Dott.ssa Elisabetta Vellone
Il tennis in Italia è ancora uno sport in grado di formare campioni?
Nel nostro paese da tempo non nascono più campioni, malgrado una leggera fase nel tennis femminile e pertanto ci chiediamo se la ragione consista nelle caratteristiche proprie di questo sport o nelle caratteristiche di coloro i quali questo sport giocano praticanti che per numero sono molto superiori a quelli che lo praticavano ai tempi di Pietrangeli e Panatta.
E' opportuno distinguere lo sport di massa da quello di alto livello. Il primo abbraccia tutte le attività sportive che ogni giorno si praticano nei vari centri e circoli disseminati nel paese; il secondo si riferisce allo sport agonistico istituzionalizzato praticato dai campioni emergenti nelle diverse discipline.
Come sopra accennato non si nota nel tennis una impennata di nuovi campioni. L'attuale generazione prodotta dalla relativa attuale scuola è bloccata da insane pressioni interne ed esterne all'atleta e ancor più da una famiglia ormai a sola matrice assistenzialista non in grado di trasmettere i valori necessari per raggiungere le alte mete non avendoli più al proprio interno.
Certamente il tennis è uno sport "pragmatico in quanto al di la della rete nella sfera agonistica c'è un avversario e sul campo una vittoria da raggiungere. Nella vita quotidiana per ottenere qualsiasi risultato ai danni di un avversario occorre vera preparazione nel contesto in cui ci si batte. Quella preparazione che si ottiene con il duro sacrificio, con la massima applicazione, ma prima di tutto quello che necessita è la determinazione.
L'attuale tendenza psicologica, in termini di impegno, sacrifici, rinunce e determinazione, assume toni sbiaditi quasi obsoleti. I giovani atleti spesso con immeritati atteggiamenti da "prime donne" si nutrono del loro grande Ego frutto dell'attuale filosofia educativa dell'"apparire" a scapito dell'"essere". Ma tutti i nodi arrivano al pettine e quando si arriva all'incontro-scontro con avversari determinati che del sacrificio fanno il loro baluardo e capaci anche di dominio sul dolore fisico, poiché affamati di autoconferme il grande Ego va in crisi e la graduatoria scivola in basso.
Elisabetta Vellone al Roma Garden Open
A proposito di paradossi:
è nato prima l'uovo o la gallina?
Nell'attuale atmosfera planetaria di caos generale documentato da indiscutibili svariati sintomi di crisi e malesseri vari, per quanto ci concerne, oltre a quella del nostro amato "lavoro", se ne possono annoverare diverse altre.
La categoria che detiene il primato in tal senso è sicuramente quella relativa alle istituzioni le quali, partendo dalla cellula famiglia, in un crescendo progressivo interessa quasi tutti i vari piani sociali sfociando nelle istituzioni politiche e governative.
Il nostro sistema
sociale è in crisi e pertanto non in grado di assolvere alle proprie funzioni
fra le quali la cura, la protezione e la formazione dei giovani ( e non solo
dei giovani) azioni queste propedeutiche
alla crescita, al sano sviluppo ed al benessere collettivo e individuale al
tempo stesso.
Detto ciò va precisato che, comunque, ogni fenomeno e ogni dimensione del sociale scaturiscono dall'azione umana di conseguenza, citando un famoso detto popolare, "ogni paese ha il sistema sociale che si merita".
Questo comporta il dover spostare l'angolo di osservazione dal sociale al singolo cittadino ovvero l'uomo. E, proprio questi il punto dolenz: l'uomo è in crisi. Interroghiamoci dunque su questo paradosso: l'uomo è in crisi perché è in crisi il sistema sociale o il sistema sociale è in crisi a causa della crisi dell'uomo?
L'attuale essere umano ha smesso di crescere ed evolversi, si è imbrutito, ha smesso di usare la propria intelligenza ed il buon senso per celebrare la propria vita, ha perso ogni forma di saggezza e capacità di coerenza, sempre più spesso si dimostra in balìa dei propri istinti, disperato, fragile e vulnerabile, rabbioso o depresso. Negli ultimi decenni si sono triplicati i consumi di psicofarmaci; oltre il 25 per cento dei cittadini accusa un problema di depressione mentre i comportamenti rabbiosi, ostili, aggressivi e violenti sono ormai prassi quotidiana.
Come intervenire su questo nefasto malessere generale che evince prepotentemente in forma lesiva ed auto lesiva? Senza voler fare retorica l'unico intervento sano ed a carattere multi riparatorio è proprio il ripristino del diritto al lavoro; smettiamola di ingozzare le persone di psicofarmaci marchiandoli come individui difettosi.
Solo la certezza del lavoro è in grado di risolvere le varie sfaccettature della maxicrisi che va da quella psicologica a quella istituzionale a quella economica; il lavoro risolve il problema del pane quotidiano, ma anche quello del "companatico", restituisce alla persona il senso di adeguatezza e di potenza, restituisce l'ottimismo e la fiducia nel futuro, l'affidabilità delle istituzioni e del prossimo, il senso di appartenenza, restituisce la voglia di progettare, di creare una famiglia, restituisce l'identità sociale e il piacere di rispettare le regole.
La certezza del lavoro restituisce all'uomo la sua dignità e la coscienza civile.
C'è però da considerare un secondo paradosso: come fanno i soggetti deputati a tali compiti a ritenere prioritari i problemi della disoccupazione, della precarietà, della crisi degli esseri umani, della disoccupazione e conseguente crisi interiore se questi non le hanno mai sperimentate sulla propria persona grazie alle posizioni privilegiate di cui godono?
Dr.ssa Elisabetta Vellone
Siamo un paese che parla, parla, parla, ma ...
Ormai a mo' di raffica apprendiamo eventi di violenza e devianza ad opera di ragazzini spesso al di sotto dei 14 anni di età, descritti con vari epitaffi: "branchi di minorenni"; "mini gang"; "branchi di ragazzini violenti e delinquenti"; "bullismo e violenze sessuali ad opera di minori"; "branchi di ragazzini i quali agiscono in stato mentale alterato a causa di uso di alcool e di droghe"; fenomeni di bullismo a partire dalla scuola primaria.
E' indubbiamente molto difficile riflettere su questo fenomeno sociale in espansione, in quanto c'è abbastanza da vergognarsi in massa per questo abbandono educativo dei giovani e dei piccoli a se stessi, ma ancor più triste è il rendersi conto della sciaguratezza, l'incapacità e l'incoscienza di tutte le autorità preposte all'educazione e la formazione dei giovani. Pensiamo ai genitori, agli educatori, ai formatori, a tutti gli enti pubblici e privati che si occupano dell'infanzia e l'adolescenza senza escludere ovviamente le autorità che legiferano in detto vasto campo. Come dice un vecchio proverbio "l'albero va drizzato quando è piccolo". L'educazione e la formazione sono processi che iniziano da quando si viene al mondo e l'idea di se stessi e del mondo circostante si forma e si insedia nella mente nei primissimi anni di vita.
Il bimbo ha bisogno di pochi elementi per crescere sano, forte e fiducioso, elementi riducibili al concetto di Amore Vero verso la Persona del neonato, del fanciullo del bambino e di un ambiente stabile e amorevole. Amore che non può prescindere dalla trasmissione dei valori portanti della vita, ne dalla coerenza fra il dire e il fare dei modelli di riferimento, che non può fare a meno dell'insegnamento delle regole e dal sacro buon esempio degli adulti.
Guardandoci intorno ciò che evince dal punto di vista da cui ci poniamo dal "brodo di cultura sociale" è a dir poco tragico per un cucciolo umano e quindi in proiezione futuristica per l'intera società. Famiglie smembrate e riassemblate prive di anima, case dormitorio prive di riti quotidiani di calore e regole, ragazzini sradicati o costretti ad assistere a continui scontri verbali se non addirittura fisici fra i membri della coppia i quali sempre più spesso tendono a chiudersi, isolarsi rabbiosamente nel loro rancore confuso perdendo stima e contatto con gli adulti. Bimbi, ragazzini che si sentono soli dentro, privi di valore i quali non a caso spesso si consolano tuffandosi nella "rete", altro luogo nefasto incontrollato e insidioso permesso e fornito dagli adulti. E poi la massiccia presenza dei supplenti genitoriali: le babysitters, il nido, l'asilo, la scuola, la parrocchia, i luoghi dello sport supplenti questi non sempre affidabili e non raramente popolati di orchi e di streghe della peggiore specie.
Intorno agli 8 anni di età il piccolo dispone di un "IO" iniziando ad interagire col mondo esterno in prima persona tramite l'attrezzatura affettiva ed emotiva di cui dispone e proprio in questa fase i semi posti negli anni precedenti iniziano dare i propri frutti. Quell'io digiuno dei molti bisogni primari quali accennati sopra si affaccia al mondo assetato di amore, di accettazione, di consenso, alla ricerca di riferimenti guida per orientarsi e iniziare a sognare trovando invece una società fittizia, sgangherata, minacciosa, scorretta e incoerente, malata di egoismo, individualismo con l'ossessione dell'apparire e del potere.
E' quindi molto probabile che quel giovane si perda in tale vortice mendace e infettato iniziando a mettere atto, sempre più precocemente, la tendenza ad aggregarsi ai propri simili pur di sentirsi considerato, pur di placare l'intenso bisogno di appartenenza, iniziando quindi ad emulare gli adulti, quelli peggiori, quelli che sono più in debito con la sua persona e pertanto come da legge di natura saprà fare molto peggio di questi.
Il povero adulto ignaro della sua grande responsabilità si sente vittima e si interroga sul perché i giovani siano così cambiati, così ingestibili dimenticando che siamo cambiati noi adulti avendo smesso di amare per iniziare a bramare dimenticandoci di loro e dei loro bisogni primari da troppo tempo!
Dott.ssa Elisabetta Vellone
Elisabetta Vellone al Rock Garden Mondo Ace Show
Clero - pedofilia e Dio
Chi è Dio? Per il cristiano Dio è "il tutto", un tutto infinito e irraggiungibile, ma allo stesso tempo accessibile e palpabile ogni dove e che tuttavia la nevroticizzata mente umana riesce a contemplare.Cos'e il Clero? Per clero si intende;, il complesso degli
ordini sacerdotali, ì quali per investitura divina, nell'ambito della Chiesa cattolica, hanno il compito di
prendersi cura spiritualmente dei fedeli guidandoli, sostenendoli e
supportandoli nel complesso percorso di vita terrena.
Cos'è la pedofilia? L'OMS inserisce questa perversione sessuale nel gruppo dei disturbi del comportamento sessuale consistente in un ossessiva attrazione erotica, da parte di soggetti adulti (malati), nei confronti del corpo di infanti e bambini senza distinzione di sesso.
Chiunque con un piccolo sforzo può calarsi con l'immaginazione nella "scena del crimine" qual'è l'abuso sessuale esercitato su un bimbo/a. L'orco è li eccitato, sudato, promanante uno strano cattivo odore ripugnante mentre palpa, tocca, esplora, stupra e dissacra ogni superficie ed ogni orifizio di quel corpicino indifeso e confuso, perseguendo nella sua maniacale ferocia ignorando e dimenticando completamente che quel corpicino è di una persona. Una persona che "sente" confusione e dolore, percepisce strane emozioni e si interroga, il suo dolore è pari al peso di un macigno: è colpa mia, sono sbagliato/a, sono diverso/a. Prova rabbia e vergogna, si sente sempre sporco/a indifeso e incompreso, si chiede perché deve fare quelle "brutte cose e non dirlo a nessuno", perde il sorriso, la spensieratezza e la sacra ingenuità.
Ma cosa succede se per giunta l'orco indossa l'abito sacerdotale? Generalmente i bambini hanno una mente magica, nel senso che creano la loro realtà almeno nella fase evolutiva della fanciullezza. Il sacerdote proposto e imposto dalla famiglia credente quale figura speciale che si pone fra Dio e l'uomo agli occhi del fanciullo; quindi un individuo percepito come una figura quasi sacra verso la quale gli/le è stato insegnato di avere rispetto e obbedienza, riconoscenza e gratitudine per la sua disponibilità e la sua attenzione quasi come fosse un secondo padre in stretto contatto con Dio.
Il bambino è fiero di tutto ciò e gode della supposta doppia protezione ( mamma; papà; e Padre x), ma arriva il giorno in cui il piccolo abusato/a prende coscienza della bruttura che subisce; a volte odia e rifiuta il suo corpo come se non gli/le appartenesse, prova rabbia verso i genitori che non capiscono, non vedono non lo proteggono; odia quella figura ripugnante che lo perseguita, ma si percepisce solo/a e impotente iniziando a pensare che Dio è un imbroglione e che non è vero che veda tutto, che ti ami e ti protegga perdendo la Fede e la fiducia negli adulti.
Il bambino abusato è un cratere spento con la morte nel cuore ed il perenne senso di fatica di vivere, oppresso dai pensieri intrusivi di sporco dentro e fuori di se; con rabbia ed odio che scorrono sotto il primo strato della sua pelle e, se non si opta per togliersi la vita, come una mina vacante un giorno esploderà.
Una società che copre, insabbia o sottovaluta tale pietosa realtà merita il castigo di Dio.
Dott.ssa Elisabetta Vellone
Fa più male un kalashnikov o un pene?
Il becero comportamento umano di questa traviata epoca storica, la nostra, sta evidenziando accelleratamente tutte le nefaste conseguenze, previste e prevedibili, della scelleratezza umana.
Viviamo l'epoca dell'immagine e della filosofia dell'usa e getta. Gli individui digiuni ormai da tempo di ogni principio morale, sprovveduti di intelligenza previsionale e capacità affettive vivono usando/abusando e poi gettando "tutto e tutti"; ciò vale per l'aria che respiriamo, per la madre terra sulla quale viviamo, per le acque, i beni materiali e le stesse persone, queste ultime, proprio come oggetti si tengono a se finché fanno comodo o fanno piacere e poi con glaciale indifferenza vengono gettati nel non riciclabile.
Ora spostando l'attenzione sull'attualissimo fenomeno in crescendo, prevedibile e non previsto, dello stupro delle donne, il quale oltre alla filosofia dell'usa e getta contempla in se l'abuso violento del corpo e della psiche altrui, e che non ha nulla a che vedere con l'atto sessuale, è opportuna qualche riflessione.
Lo stupro è assimilabile ad un'azione di "guerra" intesi come contesto di totale trasgressione dei limiti umani. Quindi guerra/stupro nella sua natura più atroce dove uccidere non basta bisogna distruggere, violare, razziare, mutilare, devastare in nome di una qualche irrazionale ed ossessiva avidità.
In guerra il kalashnikov, al pari di altre armi letali, viene impugnato per uccidere il nemico, per sottometterlo, per dominarlo, spodestandolo di ogni diritto e di ogni dignità; nello stupro l'organo genitale caricato a pallettoni viene impugnato per uno squallido colpo orgasmico obbligando la preda a sottostare sottomettendola, dominandola, sfregiandola, negandogli ogni diritto umano e ogni dignità; dove ucciderla nell'animo non basta essa viene violentemente stuprata, derubata del suo pudore, usata e riusata e poi abbandonata , metaforicamente, nel non riciclabile come se fosse un "bisogno" lasciato dietro un cespuglio.
Il dopo guerra, per coloro che non perdono la vita, è un momento di rinascita, di riattivazione di speranze e nuovi entusiasmi, è un momento di riscoperta dei rapporti umani e del valore della vita; il dopo stupro è un percorso grigio e solitario dove ogni giorno si muore un po' dentro. La vittima avverte commiserazione, compassione, ma anche un certo vuoto intorno. Il proprio corpo è percepito come sporco e indegno; i pensieri intrusivi della violenza come filmini attraversano e devastano la mente.
Il soggetto perde l'amore per se stesso, per la vita e per il proprio corpo dal quale spesso sogna di uscire fuori, di cancellare tutto, ma la luce della vita si è spenta e le tenebre opprimono incessantemente il suo corpo e la sua mente, pertanto e per molto altro, è indubbio: fa più male il pene che il kalashnikov.
Dott.ssa Elisabetta Vellone
Un tormentone attualissimo: Ma cosa si può fare?
Pane, amore e fantasia tutto il resto è solo illusione e paranoia
Un po' per la professione che svolgiamo e un po' a causa della condizione di persona adulta normalmente integrata nel sistema sociale ci viene spesso chiesto, ma cosa si dovrebbe fare per recuperare un po' di pace, di tranquillità, di umanità e di civiltà in questo mondo alla deriva?
Sarebbe davvero bello pensare di poter rispondere a tale gravoso interrogativo come si fa con una ricetta per i biscotti, però siamo esseri pensanti e nessuno impedisce di provarci. Provare a cercare con onestà ed umiltà da dove nasce tanto caos psico-emotivo e quindi sociale, tanto disagio e tanta malvagità. Molti sostengono che bisogna ripartire dai bambini educandoli in un altro modo, vero, verissimo! Ma ripartire dai bambini equivale a ripartire dagli adulti ai quali i bambini indiscutibilmente si rifanno. Sono gli adulti ad aver bisogno di essere resettati, rieducati e ri- civilizzati.
E' noto come resettare in italiano sta per azzerare, quindi azzerare i nuclei cognitivi e le operazioni mentali non funzionali al bene comune e a quello individuale; che rieducare sta per stimolare le risorse intrinseche alla persona eliminando i difetti di un pregresso indottrinamento fallimentare ed infine che ri- civilizzare sta per riattivare nella coscienza gli aspetti materiali, sociali e spirituali che descrivono, identificano ed onorano un popolo nel suo tempo e nel suo spazio.
Detto ciò dovremmo scrivere FINE, poiché la fonte autorevole deputata a detta maxi operazione di bonifica dell'uomo e dell'intero sistema sociale probabilmente è la stessa che ha permesso e promosso il processo di degrado a causa di un perverso interesse epidemico. Però, poiché ogni problema ha la sua soluzione, anche in questa bolgia infernale si può pretendere una soluzione. Immaginiamo tutta una serie di leggi dello Stato ispirate ai valori veri della vita che vanno tessere a sua volta una grande rete di interventi di rieducazione, con carattere di obbligatorietà, generanti a loro volta tutta una serie di modalità comportamentali e relazionali che pongono al centro dell'attenzione il valore della persona e il valore della vita. Diamo a Cesare quel che è di Cerare! In altre parole restituiamo all'uomo ciò che gli è proprio e di cui oggi ha veramente bisogno : pane, amore e fantasia, tutto il resto è solo illusione e paranoia.
Dott.ssa Elisabetta Vellone
L'agonismo è una cosa seria da vivere con il giusto atteggiamento mentale
Luca Nardi campione d'Italia under 14 - Ciavarella e Minighini campioni d'Italia doppio under 13
Dal femminicidio al maschicidio
Che orrore pensare ad un individuo che
uccide un altro individuo, ma in questa sede non vogliamo riflettere su tale
aspetto anche perché l'orrore è ormai una prassi emotiva affatto energica o
interessante.
Parliamo invece della donna, ma non quella mitologica o quella dei manifesti sulle strade, bensì di quella che ha perpetuato il mondo che ci e proprio ovvero di quel microcosmo quale epicentro e baricentro del maggior macrocosmo sociale dal punto di vista "evolutivo".
Essendo la creatura umana un essere intelligente e soprattutto emotivo si trova a dover fare i conti, per tutta la sua vita, con l'esigenza innata della ricerca del benessere interiore e la gioia di vivere intesi come una sorta di solido equilibrio all'interiore posto al centro tra i due estremi canonici quali: il Bene ed il Male.
Il piccolo dell'uomo sin dal momento del suo concepimento, sempre in modalità istintiva o innata, ricerca affannosamente detto equilibrio o benessere già dall'interno di quel corpo materno in cui abita e dal quale attraverso frequenze sottilissime riceve informazioni che lo improntano circa l'idea di se stesso, l'idea degli altri e l'idea della vita che sarà. Tracce che potremmo definire indelebili poiché formative della persona.
La donna, fisicamente più fragile e più delicata è dotata in realtà di una forza interiore immensa; essa genera la vita, sostiene e da luce al focolare e ad ogni suo componente. Il suo ruolo è gravoso, ma soave, prezioso e nobilissimo, poiché assimilabile all'amore che si materializza.
L'uomo energicamente più vigoroso, più materialista e meno impegnato nella routine del focolare avrebbe il compito di proteggere amorevolmente la donna e la prole e fornir loro il necessario per vivere formando così una cellula sociale solidissima.
Immagino quanti lettori ora stanno ridendo ritenendo che quanto scritto è roba da favole di altri tempi, perché in realtà questi ruoli distinti specialmente i più giovani neppure li conoscono.
L'uomo e la donna, scecherati dall'energia dei turbini cognitivi/emotivi e comportamentali di tendenza della nostra epoca, inquinati ormai dai falsi valori, hanno perso la loro identità e si confondono l'una con l'altro non solo nei ruoli classici, ma anche da un punto di vista sessuale: non c'è più donna, non c'è più uomo, non c'è più il sacro focolare, non cisono più figli e quei pochi che ancora arrivano sono spesso maltrattati, trascurati, violentati o viziati spesso proprio da quelli che li hanno messi al mondo.
L'uomo si è svilito emulando ruoli femminili e la donna si è indurita emulando ruoli e comportamenti maschili, comunque, in termini estetici e funzionali, è la figura maschile che ci ha rimesso di più, poiché, come detto sopra, la donna essendo dotata di una forza interiore immensa se si pone sulla sponda del male può incartare l'uomo come una scatola di biscottini.
L'uomo pur non essendo cosciente di tutto ciò in qualche modo avverte che la donna lo domina ed allora è diventato rabbioso e possessivo al punto che quando avverte i venti della sconfitta la uccide.
E fino qui eravamo tutti più o meno al corrente della cosa e per anni si è accusato il rude maschiaccio di essere simile o peggio di una bestia. La società perbene indignata e impotente ha perorato la causa della nascita di centri di aiuto ed accoglienza per le povere donne maltrattate dall'uomo.
Ma, hai noi, sono appena arrivati i primi maschicidi notizie freschissime di questo periodo tant'è che il sangue versato dal povero maschietto sventurato non è ancora stato rimosso del tutto; eventi che non ci si aspettava dalla fragile femminuccia vittima e piagnucolante.
La donna ha impugnato il coltello (simbolo fallico maschile per eccellenza) ed a trafitto il suo uomo dandogli la morte.
Cosa accadrà nelle prossime puntate dell'umanità lo lasciamo alla nostra immaginazione.
Se i signori del potere si togliessero i tappi dalle orecchie, gli occhiali scuri sugli occhi ,le mani dalle tasche e rimettessero in moto il cuore e l'intelletto forse arrivano a capire che questa società umana è marcia e che necessita di cure e di rieducazione alla vita.
Dott.ssa Elisabetta Vellone
Dott.ssa Elisabetta Vellone - Antonio Daino Area Mentale FIT
La crescita e lo sviluppo agonistico dei giovani al centro del costruttivo incontro tra lo psicologo dello sport Antonio Daino ed i maestri e genitori presenti al Torneo Lemon Bowl. Nella foto la Dottoressa Elisabetta Vellone tra gli intervenuti che ha posto interessanti domande al relatore auspicando un dialogo aperto e propositivo fra gli addetti ai lavori e le famiglie che affidano fiduciose i propri figli
La Dott.ssa Elisabetta Vellone puo' essere contattata: Pagina Facebook Sito Internet: www.elisabettavellone.it
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Giovani: tutte le spie segnano rosso
Quanto andremo a considerare rischia di essere etichettato come una pagina di storia sbiadita e nostalgica. E invece no, è una pagina severa e attuale che intende documentare ed evidenziare una subdola eutanasia culturale e valoriale lentamente praticata da ignobili individui mentalmente incapaci ed egoisti che popolano e governano l'attuale società decadente, irresponsabile e incosciente. Le leggi della vita sono sempre le stesse nei secoli.Non vogliamo annoiarvi trattando dei vari "tumori maligni dell'animo umano" che affliggono il nostro quotidiano quali : tragedie famigliari; tragedie sociali; degrado; malcostume; abusi vari; omissioni e reati a raffica come fossimo in trincea no, vogliamo invece parlare del problema dei giovani, dei ragazzi e dei bambini, nonché di tutti quegli adulti alle loro spalle e il loro mal fare confuso, irresponsabile e arrogante i quali, titolari di cattedra nei presidi dell'educazione, "beggiano il cartellino" da genitore o educatore se ne vanno a fare altro. Sottolineiamo che tale ridotto popolo giovanile costituirà la popolazione adulta e la società di domani, ma anche i risultati del nostro "fare ed agire".
Approssimando possiamo distinguere i giovani in due categorie dove nella prima troviamo quelli più solidi, gli impegnati, i determinati, quelli capaci di volere e capaci sacrificio che ormai adulti e con progetti chiari nella mente ripiegano nell'espatrio o nell'anarchia mentale per non rischiare di essere risucchiati e ingoiati dal sistema distruttivo e depresso del proprio paese; i secondi sono i soli, gli scarsi, i digiuni di "buono", gli incerti, i rassegnati e quelli che subiscono rabbiosi e scontenti e pertanto facilmente reclutabili nelle frange malsane del sistema stesso.
Poi ci sono i ragazzi, o adolescenti, con storie dense di multi traumi giovanili ovviamente ignorate, i figli di quei genitori incantati dai falsi valori e dai falsi simboli del valore personale o i figli degli arrivisti (totalmente ignari circa la meta verso la quale si affannano),e ancora i figli degli affamati di libertà personale che emulano stili di vita adolescenziali, e i figli di quelli che cercano su internet come risolvere i problemi con i figli o con il partner. Non sono poi da trascurare i genitori opprimenti quelli che assillano i figli con imperativi doveristici: (tu devi così, tu devi colà!non devi questo, non devi quell'altro!) i quali come proprietari dispotici anelano luce personale attraverso le pretese prestazioni eccellenti dei propri figli.
Molti di questi ragazzi sono gli eccitati o i depressi, altri i fragili e con personalità dipendente, altri ancora sono i trasgressivi e i bugiardi, sono i rabbiosi col muso lungo e la porta della stanza sempre chiusa perennemente incollati alla rete. Poco impegnati, incostanti, sempre stanchi amanti del "far tardi", del far nulla e dello sballo. Per non parlare dei bulli e la delinquenza minorile. Molti di questi, emulando gli adulti, sono alla ricerca di soldi facili correndo il rischio di cadere ingenuamente nella rete scucita della prostituzione o dello spaccio o altro; altri a causa di modelli identificativi di riferimento, sbiaditi o assenti, si ritrovano vittime di una identità di genere confusa o deviata. Non dialogano in famiglia, seguono la cultura del branco e le risposte della rete.
E poi i bambini. I bambini, come fiori nel grande prato della vita, sono belli, fragili e vulnerabili; sono manovrabili, plasmabili, assoggettabili, ma soprattutto ego-centrici caratteristica innata, questa, che li porta a tradurre ogni esperienza in un risultato del proprio SE: sono cattivo, non valgo, è colpa mia, non sono amabile e altre simili. Cognizioni auto svalutative queste che inevitabilmente costituiranno la base psichica inibente (o edificante) di tutta la propria esistenza.
I nostri bimbi, proprio come oggetti, o vengono idolatrati perché danno lustro al proprietario (come capita nelle prestazioni scolastiche, nelle prestazioni sportive o quelle artistiche) oppure slealmente parcheggiati o affidati ai vari operatori dell'infanzia poiché la tendenza in voga è ormai quella di pensare soprattutto a se stessi.
Raramente i nostri bimbi o ragazzini crescono in famiglie amorevoli, solide e serene con genitori convinti e pienamente responsabili nel loro ruolo di "essere genitore ed essere famiglia". Sempre più spesso oggi subiscono il dramma delle separazioni, sono vittime di maltrattamenti ed abusi, alcune volte vengono dimenticati in macchina, o a scuola o altrove o affidati a sciagurati supplenti di dubbie capacità. E, volutamente, ignoriamo quale tipo di esperienze riguarderà quei figli con figure genitoriali ambigue, confondenti e mutilanti quali i piccoli delle cosi dette coppie formate da due madri oppure due padri.
In nostri piccoli già dall'età della scuola primaria mostrano segni di disagio e anomalie comportamentali: bullismo infantile, erotizzazione precoce, bugie, mancanza di capacità di concentrazione spesso confusa col disturbo dislessico, chiusura emotiva ed ansietà, aggressività verbale e fisica, mancanza di serena ingenuità, emulazione prematura di atteggiamenti adulti.
Le spie continuano a segnare rosso da un pezzo, se non facciamo un pieno di sani intenti e sani sentimenti rischiamo un pericoloso effetto boomerang di massa.
Dott.ssa Elisabetta Vellone
L'AQUILOTTO REALE
UNA FAVOLA METAFORICA PER TUTTI
Un giorno non tanto lontano un'aquila di buona stirpe depose il suo uovo e lo covò con cura fino a che, la vita in esso contenuta, non vide la luce.
Mamma aquila era orgogliosa del suo piccolo che prometteva bene, cresceva in ottima salute, era forte e delicato, premuroso e sensibile, volitivo e impegnato; l'aquilotto cresceva e cominciò a volare, prima tratti brevi poi sempre più lunghi, ed ogni volta che tornava al nido beava la sua mamma, ed il suo gruppo d'appartenenza, di tutte le esperienze e le sue nuove conoscenze nel mondo. Nel suo ambiente, proprio come si addice ad un'aquila reale, tutti lo amavano e lo stimavano, tutti erano orgogliosi dell'appartenersi reciprocamente.
Ma un giorno "senza luce" l'Aquilotto reale si impigliò in una rete tanto invisibile quanto resistente. Dapprima rimase un po' perplesso, ma presto si consolò poiché all'interno di detta rete trovava ogni tipo di ghiottoneria da consumare a sazietà motivo per cui si tratteneva al suo interno sempre più a lungo e poiché era, comunque, molto intelligente trovava sistematicamente una maglia un po' più larga ove passare per tornare al nido.
Sebbene giovane e forte la fatica continua di passare nella difficile via di uscita quotidiana piano, piano iniziò a comportargli il perdere delle piume più sottili e delicate oltre a spezzettargliene delle altre più solide, iniziò in oltre a prodursi graffi e stiramenti muscolari con una ovvia riduzione del benessere generale, nonché diminuzione del desiderio di tornare nel suo gruppo, con trascuramento progressivo dell'attività di esplorazione, di scoperta e della sete di conoscenza, poiché l'unica idea fissa era ingozzarsi a volontà dentro quella rete.
Essendo giovane e in crescita il suo corpo aumentava di dimensioni tantoché trovare delle maglie per uscire era sempre più difficile, ma l'aquilotto diventato ormai grasso, grosso e triste non demordeva, ma insisteva fino a che insieme alle piume iniziò a perdere anche le penne e un giorno tentando di spiccare il volo per tornare al proprio nido si rese conto che non poteva più volare, le sue piume argentate non c'erano più.
La rete malefica aveva ridotto l'Aquilotto Reale in un paperotto lento e pesante.
Dott.ssa Elisabetta Vellone
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